Iniziativa della Fondazione Torres sviluppata in collaborazione con la Torres Sassari targata Abinsula
Rispetto. Valori. Sport. Giovani uomini. Giovani calciatori. Storia. Torres. Parole che si susseguono nel corso del primo degli incontri della seconda edizione del progetto S.E.F. (Sport, Educazione, Formazione), iniziativa della Fondazione Torres sviluppata per il secondo anno consecutivo in collaborazione con la Torres Sassari targata Abinsula. La location della prima tappa di questo nuovo viaggio? Lo spogliatoio della Torres.
Un vero e proprio master aperto ai giovani del Settore Giovanile torresino e incentrato sul tema del rispetto affidato alle parole di relatori d’eccezione – il primo il presidente Udassi – che condividono sapere, vita ed esperienza con i loro giovani interlocutori. Un percorso denso, al termine del quale i più meritevoli – dentro e fuori dal rettangolo verde – vivranno una esperienza calcistica decisamente fuori dall’ordinario..
Sono 19, ascoltano, non si annoiano e probabilmente sognano quel che l’ex bomber, capitano e attuale presidente della Torres sta raccontando. Al loro fianco il loro responsabile tecnico Settore Giovanile Luca Raineri, il mister della squadra Mario Desole e il suo prezioso staff. Presente anche Umberto Carboni, presidente della Fondazione Torres che questo spazio lo ha costruito e immaginato in forma di progetto proprio con la società sassarese, riproponendolo in questa seconda edizione dopo il grande successo della prima.
“7 anni trascorsi dentro questo spogliatoio, i 7 anni che mi han formato più di tutti: mi ero appena sposato, stavo per diventare padre, sono nato a 100 metri dallo stadio, a 16 anni ho esordito in serie D e ho sempre sognato di fare il calciatore e di giocare con la maglia della Torres.. ma non é tutto rose e fiori. Scontato? No, vero. Non si molla mai, nelle difficoltà. Soprattutto nelle difficoltà“. Parla così Udassi ai giovani dell’under rossoblù radunati nel cuore dello stadio “Vanni Sanna”, seduti sugli scranni dello spogliatoio, destinatari delle opportunità offerte loro dal progetto.
“Dovete avere rispetto verso voi stessi come persone e verso le altre persone, verso qualunque persona vi stia accanto” ribadisce il pres. Entra nel dettaglio della tragica attualità il massimo dirigente rossoblù. É padre di due giovani ragazze Stefano Udassi, e condivide con la squadra il dolore per la tragedia, per le due vite rovinate, una delle quali – quella di Giulia – spezzata incomprensibilmente per sempre. “Parlo a voi e non faccio retorica, perché voi potete comprendere quel che è successo e potete valutare il peso del significato dell’assurdo gesto compiuto: indossando questa maglia però potete aiutare a cambiare le cose ed essere veicolo prezioso di trasmissione di messaggi positivi“.
Rispetto per la maglia. E per la storia. “Primo provino all’Acquedotto alla vostra età. Pensavo mi avrebbero presso, e invece no. Mio padre era un calciatore di buon livello in Sardegna. Mio idolo giovanile, riferimento. Mi diede coraggio, mi sono rimboccato le maniche: a 16 anni giocavo in serie D, poi varie foresteria, a inizio anni novanta andai in ritiro con la Torres. Non andò bene, andai fuori ancora una volta. A 23 anni mi rompo il crociato e per 8 mesi non mi sono allenato. Poco prima di rientrare mi sentivo forte, mentalmente e fisicamente. Lo stop mi è servito per diventare ancora più umile. Non ero più al centro del mondo: era il momento di dare tutti in campo e fuori, in ogni singolo allenamento. Il mio contratto con la Torres uno dei momenti più belli della mia vita. La prima volta qui dentro? Emozione forte. Nello spogliatoio accade tutto. E si cresce insieme. Ho sempre avuto rispetto per storia simbolo e maglia di questa società, ma è fuori dallo spogliatoio che serve dare un esempio. Rappresentiamo qualcosa che per Sassari è molto. Molto. Molto importante. In campo ho vissuto momenti molto esaltanti, ma non mi sono mai esaltato più di tanto. Il primo anno avevo 28 anni e 120 gol ma ascoltavo, e cercavo di capire cosa mi accadeva intorno mettendomi a disposizione. In tanti non credevano in me, non pensavano fossi all’altezza. Ho lavorato per convincerli del contrario. Ma l’ho fatto per me e per la Torres. Anche quando non giocavo, anche quando non condividevo le scelte: rispetto, zero alibi, zero scene da fenomeni al momento della sostituzione. Rispetto per il compagno. Per la tua squadra“.
Sognano, probabilmente, i nostri ragazzi. E imparano, si augurano tutti gli attori che contribuiscono a portare in scena questo progetto. Sognano immersi nei loro sogni da calciatori, ma proiettati verso il loro destino da “grandi”, da uomini. “In bocca al lupo ragazzi” #forzaTorres
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